sabato 1 ottobre 2011

Il buco della serratura

Negli ultimi mesi i media non riescono a fare a meno di parlare dei presunti scandali sessuali di Berlusconi. Un punto di vista trasverale.

Carrellata delle homepages online ad oggi, sabato 1 Ottobre 2011, ore 11:00:
Il Fatto Quotidiano (che usa titoli da Novella2000); il Corriere della Sera; La Repubblica; La Stampa; Il Mattino; La Nazione (a.k.a. Il Giorno, a.k.a. Il Resto del Carlino), L'Unità (recentemente nota anche per la satira sulla Merkel, sempre riguardante aspetti sessuali), Ansa.

Si salvano Il Secolo XIX (che mette comunque sulla home una notizia davvero bollente: il caldo a Settembre) ed Il Manifesto.

E non me la cantano con la storia della ricattabilità di un Primo Ministro: stiamo parlando dello stesso soggetto indagato come mandante occulto delle stragi di Falcone e Borsellino, autore di innumerevoli leggi ad personam, ad personas, contra personam etc. etc. che con gli anni hanno manifestato la loro devastante virulenza; in un momento storico di recessione economica paragonabile a quella del '29. Amico di gente come Putin o di Gheddafi (prima di fagli la guerra, ovviamente). Proprio per parlare a braccio.

E questo mentre si è appena rifatto (Settembre 2011) un referendum contro il porcellum (sottoscritto allora largamente dagli attuali proponenti del referendum) che è copia carbone del Primo v-day (Settembre 2007!).

E' vero che il nuovo non nasce se il vecchio non muore. Ma se queste sono le ragioni del nuovo allora, mi mordo la lingua, meglio il vecchio.

martedì 13 settembre 2011

La scomparsa dei fatti: un caso modello

Beppe Grillo a molte persone non piace. Alcuni argomenti che circolano in rete, su molti versanti, mi trovano anche d'accordo. In questo caso, però, documentare l'assenza di informazione è molto più interessante che stare a discutere su chi ha fatto cosa.

Sabato scorso, 10 settembre, Grillo insieme a migliaia di persone hanno consegnato qualche chilo di cozze davanti al Parlamento a simboleggiare i politici attaccati ai loro privilegi. Su ogni cozza c'era il nome di un parlamentare.
L'evento è stato organizzato per ricordare che 4 anni fa 350mila persone firmarono (in occasione del primo V-day) per:
1- mandare a casa i politici condannati con sentenza definitiva;
2- ridurre a 2 mandati (10 anni) la carriera di un politico;
3- esprimere preferenza diretta del candidato alle elezioni. Su quest'ultimo punto, PD, IDV e Sel stanno recentemente chiedendo ai cittadini di firmare (un'altra volta).

Il COZZA DAY, per ben 24 su 27 testate giornalistiche online, non è mai esistito.
Giornali come il Manifesto, l'Unità, il Corriere ed addirittura l'Ansa hanno omesso che migliaia di persone stavano scaricando davanti al Parlamento sacchi di cozze.
L'evento è stato invece ripreso in diversi altri paesi, fra cui Austria, Brasile, USA, Paesi Bassi, Francia e Spagna (1, 2 e 3).

sabato 3 settembre 2011

L'armonia del mondo

L'esempio più conosciuto di scienziato che ha svelato come i diversi fili che legano la realtà fanno parte di un unico tessuto che la rappresenta per intero è Albert Einstein. La quasi totalità della sua opera consiste nell'aver trovato le relazioni esistenti fra fenomeni considerati indipendenti, fino a spendere (purtroppo invano) gli ultimi 30 anni della sua vita a cercare di dimostrare quella che lui chiamava la teoria del campo unificato. Ben prima di lui, però, la connessione fra il particolare e l'universale era stata intrapresa, con alterne fortune, da plotoni di filosofi greci (e probabilmente da molti altri ancora).
In questo passo tratto da Le Menzogne di Ulisse (di Piergiorgio Odifreddi, TEA, 2006) le relazioni fra musica e matematica proposte da Pitagora vengono splendidamente illustrate, giustificando appieno il titolo del capitolo da cui sono riprese, L'armonia del mondo.
“[...] Pitagora stava passeggiando per la città quando, udendo i suoni che venivano dalla bottega di un fabbro, si accorse che alcuni erano consonanti, cioè si accordavano bene insieme, e altri erano invece dissonanti, cioè non andavano d'accordo fra loro. La cosa era probabilmente già stata notata dall'orecchio rude dei lavoratori che battevano i martelli sulle incudini, ma non ancora dall'orecchio delicato di un filosofo, con tempo e voglia a disposizione per vederci chiaro.
Entrato nella bottega, Pitagora scoprì che i suoni diversi che andavano fra loro più d'accordo di tutti erano quelli prodotti da martelli che pesavano l'uno il doppio dell'altro, cioè con un rapporto fra i pesi di 2 a 1: in tal caso le note prodotte erano infatti le stesse, benché alla distanza di un'ottava (come fra un do e il do successivo). La cosa però non finiva qui. Anche se i martelli pesavano l'uno una volta e mezzo dell'altro, cioè se il rapporto dei pesi era di 3 a 2, i suoni erano consonanti, benché un po' meno di prima: questa volta le due note non erano più la stessa, ma differivano di una quinta (come un do e il sol successivo, o un fa e un do). E anche se il rapporto fra i pesi dei martelli era di 4 a 3, i suoni erano consonanti, benché ancora un po' meno di prima: essi differivano infatti per una quarta (come un do e il fa successivo, o un sol e un do).
Tornato a casa, Pitagora provò a vedere che cosa succedeva per i suoni prodotti non da uno strumento a percussione, come le incudini, ma da uno a corda, come la lira. E si accorse che le lunghezze delle corde si comportavano in maniera analoga ai pesi dei martelli: un rapporto di 2 a 1 produceva suoni differenti di un'ottava, un rapporto di 3 a 2 suoni differenti di una quinta, e un rapporto di 4 a 3 suoni differenti di una quarta.
A questo punto, poiché la cosa non poteva essere una combinazione, Pitagora capì di aver scoperto un misterioso legame tra fisica, musica e matematica: il fatto, cioè, che a rapporti fra grandezze fisiche come pesi e lunghezze, misurabili con rapporti matematici fra numeri interi, corrispondono rapporti armonici fra note musicali. In altre parole, la matematica funge da intermediaria in un rapporto amoroso tra la fisica e la musica, e più in generale fra la natura e l'uomo.
Quest'opera di intermediazione Pitagora la espresse nel credo che “tutto è numero razionale”: nella fede, cioè, che tutti i rapporti scientifici e artistici siano misurabili attraverso rapporti matematici. Sottintendendo poi il riferimento ai numeri, il credo diventava ancora più generale, riducendosi a “tutto è razionale”: esso esprimeva, questa volta, la fede che ciò che chiamiamo cosmo o mondo, lungi dall'essere sistema caotico e inconoscibile, sia invece un “ordine pulito”, come nei significati originari di kòsmos e mundum, e si possa dunque comprendere mediante la misura e la ragione. E se, in un caso come nell'altro, la cosa suona familiare, è perché lo è: si tratta nella fede e del credo sui quali ancora oggi si basa la scienza.
[…] Pitagora, parlando greco, chiamava lògos il rapporto […] (il libro tratta della storia della logica, ndJ). Poiché il lògos, nella sua triplice coincidenza di matematica, musica e natura, si era manifestato attraverso i numeri 1, 2, 3 e 4, Pitagora si lanciò immediatamente in una serie di speculazioni su di essi. Aritmeticamente, i quattro numeri sommavano a 10. Geometricamente, essi formavano una tetrachtýs, un “quartetto”, che si poteva disporre nella forma di un triangolo equilatero di lato quattro:
Sia il 10 che il tetrachtýs acquistarono dunque un sapore magico per la confraternita dei pitagorici, che il maestro dirigeva come un profeta o un semidio [...]. (Le dottrine del maestro, ndJ) riguardavano la struttura matematica della musica e del cosmo, e oggi ne conosciamo i princìpi attraverso la divulgazione fattane nel Timeo da Platone, che ci ha probabilmente anche aggiunto del suo.
L'idea, più o meno, era la seguente. Anzitutto, il mondo non è stato creato, ma solo ordinato da un Demiurgo. Egli è partito dalla logica, notando che di ogni cosa si possono dire tre cose: che esiste, che è uguale a se stessa, e che è diversa da tutto il resto. Ha poi mescolato i tre ingredienti astratti dell'esistenza, dell'uguaglianza e della disuguaglianza ai quattro elementi concreti: cioè terra, acqua, aria e fuoco, che oggi associamo rispettivamente agli stati solido, liquido e gassoso della materia, e all'energia (che sarebbe il fuoco, ndJ) che permette di trasmutare uno nell'altro (ad esempio, il ghiaccio in acqua, e l'acqua in vapore).
Per plasmare il materiale grezzo così ottenuto, il Demiurgo è poi passato alla musica: si trattava infatti di creare l'ordine attraverso l'armonia. Di mousiké, “arte protetta dalle Muse”, secondo Pitagora ce n'erano infatti tre tipi: quella strumentale propriamente detta, quella umana suonata dell'organismo, e quella mondana suonata dal cosmo. E la loro sostanziale coincidenza era responsabile, da un lato, dell'effetto emotivo prodotto, per letterale risonanza, dalla melodia sull'uomo; e, dall'altro lato, della possibilità di dedurre leggi matematiche dell'universo da quelle musicali.
Per trovare le leggi matematiche della musica, Pitagora notò anzitutto che la divisione musicale dell'ottava di una quarta (do-fa) e una quinta (fa-do), oppure in una quinta (do-sol) e una quarta (sol-do), corrisponde al fatto matematico che 2 è uguale al prodotto di 4/3 per 3/2, o viceversa (vedi i rapporti espressi prima, ndJ): sommare o sottrarre intervalli musicali corrisponde a moltiplicare o dividere i loro rapporti. E poiché la quarta si ottiene sottraendo una quinta da un'ottava, basta “scendere e salir per l'altrui scale” (citazione del canto 17esimo del Paradiso di Dante, ndJ) a passi di quinte e ottave, per generare rapporti corrispondenti a tutte le note: ad esempio, quello corrispondente a un tono si ottiene salendo di due quinte (9/4) e scendendo di un'ottava (1/2), e corrisponde a 9/8.
Per trovare le leggi matematiche dell'universo “basta” a questo punto credere, o fingere di credere, che esso sia una lira suonata da Apollo. D'altronde, lasciando da parte la Terra e le Stelle Fisse, i rimanenti pianeti conosciuti allora erano giusto sette: tanti, cioè, quante le note della scala musicale. Il loro ordine apparente, ossia quello nel quale essi appaiono a un osservatore terrestre, è:
Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno.
Procedendo per quinte, seconda la teoria pitagorica, essi vengono ridisposti nell'ordine:
Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere, Saturno, Sole
che è quello che ancora oggi usiamo per la successione dei giorni della settimana.
[…] Le idee pitagoriche si mantennero vive nei secoli […] nella cosmologia [...] almeno fino a Keplero e Newton. Il primo scrisse addirittura, nel 1619, un intero libro intitolato appunto L'armonia del mondo, nel quale rivisitò le leggi musicali dell'universo alla luce delle più recenti osservazioni astronomiche, e precisò che nella sinfonia celeste Mercurio canta da soprano, Marte da tenore, Saturno e Giove da bassi, e la Terra e Venere da alti. E nella terza delle famose tre leggi sul moto dei pianeti, ricompare miracolosamente il rapporto di quinta: perché il quadrato del periodo di rivoluzione di un pianeta attorno al Sole è proporzionale al cubo della sua distanza media da esso.
[…] Quanto a Newton, egli stesso considerò la sua scoperta più fondamentale, quella della legge di gravitazione universale, come una mera esplicitazione di ciò che era già implicito nelle leggi dell'armonia pitagorica. E […] sostenne, addirittura, che essa doveva già essere nota a Pitagora.
[…]
Dispiacque invece a Pitagora, naturalmente, una scoperta che mise in crisi tutto l'edificio che egli aveva costruito. Perché poco dopo aver promulgato il dogma della razionalità universale, egli si trovò di fronte a un duplice scisma provocato da due eresie: una, geometrica, relativa alla diagonale del quadrato; l'altra, musicale, relativa al semitono. […] entrambi i problemi […] si risolvono con radici di 2 […] che non è esprimibile mediante numeri razionali: ovvero, che è “irrazionale”, nel senso sia letterale che metaforico. […] Pitagora deve aver vissuto come un vero e proprio scacco il fatto che il fallimento del suo programma di riduzione aritmetica derivasse proprio dalla geometria. Dalla disciplina, cioè, nella quale aveva fatto i suoi studi […] e nella quale è ancor oggi legato al più famoso teorema […].
Ma lo scacco fu doppio perché […] la radice di 2 si intrufolò anche nella teoria musicale pitagorica. Volendo infatti dividere il tono pitagorico in due semitoni, bisogna estrarre la radice quadrata di 9/8, il che introduce appunto una radice di 2 a denominatore. Calcolando invece (per quinte) l'intervallo fra il mi e il fa, oppure fra il si e il do, che dovrebbe appunto corrispondere a un semitono, si ottiene una frazione (256/243) che è leggermente diversa. La differenza fra un tono e due “semitoni” si chiama comma pitagorico, ed è purtroppo percepibile da un orecchio sensibile.
Da qui derivano enormi problemi musicali. Ad esempio, per chi ha orecchi per intendere, il ciclo delle quinte (fa-do-sol-re-la-mi-si) non si chiude, e continua all'infinito a spirale: salendo con i diesis, e scendendo con i bemolle. Ciò significa che, anche volendo soltanto considerare note con un unico diesis o bemolle, bisognerebbe costruire pianoforti con 21 tasti per ciascuna ottava, invece che con 12, con tutti i problemi che questo comporterebbe all'esecutore.
La soluzione fu trovata da Aristosseno di Taranto nel quarto secolo prima dell'era Volgare (non ho idea a cosa si riferisca, ndJ) e ritrovata da Vincenzo Galilei nel 1581, ma non fu adottata che nel Settecento, dopo essere stata propagandata da Johann Sebastian Bach nel Clavicembalo ben temperato. Si tratta, sostanzialmente, di distribuire il comma pitagorico in modo da renderlo innocuo, accordando il pianoforte in maniera equabile: in modo, cioè, che tutti i semitoni siano esattamente uguali. Alla fine tutte le note risultano stonate, “in qualche parte più che altrove”, ma di quantità impercettibile se non a orecchi sensibilissimi.

giovedì 16 giugno 2011

Come ci stanno mangiando la rivolta

Da qualche tempo, il deodorante con cui la "destra" allo sfascio ha coperto il puzzo di putrefazione del suo modus operandi ha perso il suo effetto. Il puzzo persiste anche diverso tempo dopo essere entrati nella stanza. A testimoniarlo, in ordine di tempo, le recenti amministrative comunali ed il successo del referendum su acqua, nucleare e legittimo impedimento.

Su questi due eventi, è bene però fare delle precisazioni.

Per quel che riguarda le amministrative comunali, il vero successo non è stato quello dei ballottaggi (eccetto forse De Magistris, inviso a tutti e trionfante con percentuali bulgare), ma quello del primo turno, dove il cosidetto Terzo Polo (il doggy-bag della politica 2011) è andato sotto, spesso e volentieri, con il Movimento 5 Stelle che ha dimostrato che si può fare politica senza soldi (questo sì che è pericoloso!).

Ancora più eclatante il referendum: il PD ha fatto di tutto per segarlo, salvo poi saltare sopra il carro dei vincitori. L'IDV, dell'urlante Di Pietro, che pure aveva proposto 3 dei 4 quesiti, a vittoria schiacciante avvenuta, fa un passo indietro come non volesse infierire. O meglio, lasciando ad altri le decisioni da fare. Si scrive altri, ma si legge Lega Nord.

Il fatto che un risultato premiante gli italiani, che attesta cioè la loro volontà di partecipazione (e dunque di libertà, come direbbe Gaber) venga tradotto nella solita melina fra partiti è, per descriverla con un'immagine, come quando il pallone si bucava a metà partita, in una di quelle interminabili sere d'estate che non c'era nessuno.

Come in 54, mi sento più preoccupato di quello che mi stanno rubando oggi (e domani) che di ciò che mi hanno preso ieri. Alla farsa si candidano subito Stracquadanio e Brunetta, facendosi additare come palesemente odiosi, quali peraltro sono (dunque credibilissimi). Ovvero, stante così le cose, sparano ancora un paio di flatulenze, ché ormai il velo del deodorante è cascato: si immolano per redendere credibile il salvatore di professione.

Come i ballottaggi delle amministrative, diventati teatro di uno noioso binomio da stadio destra-sinistra, buono-cattivo, così il referendum: si annulla l'unico risultato vero, cioè la partecipazione del 57% degli italiani al movimento politico, a prescindere dal loro credo, che esprime la sua schiacciante opinione (94-96% dei sì). E' come nel 13esimo capitolo dei Promessi Sposi, quando arriva Ferrer e salva il vicario da una giustizia sommaria di piazza, imbonendo la folla inferocita a cui manca il pane.

Quando le formiche si incazzano e scoprono di essere tante, c'è bisogno di prepare il cambiamento. A tavolino.

giovedì 17 febbraio 2011

God is not great

Qualche anno fa, in una libreria a Dortmund, ho avuto la fortuna di imbattermi in "god is not great" (Christopher Hitchens). Il libro era in Inglese e sebbene l'idea di leggere qualcosa in una lingua diversa dalla mia, con argomentazioni così forbite, mi sembrasse proibitivo, l'argomento era troppo attraente per fare finta di nulla. Sono stato fortunato: pare che l'edizione di Einaudi in Italiano sia pessima.
Il libro è dannatamente godibile ed interessante, e per persone come me- che anelavano ad una voce che argomentasse con coraggio un discorso del genere- è risultato fantastico.
E' scritto con un taglio scientifico, sebbene la suddivisione per argomenti non sia necessariamente rispettata e ci siano diverse contaminazioni. L'analisi è clamorosamente ricca di riferimenti storici, culturali, scientifici (che comunque non sono riportati in nota). Di frequente, l'opinione di Hitchens sconfina nella derisione dei credenti in ogni luogo e tempo.
Alcuni hanno trovato controproducente questo stile, ma è un fatto che Hitchens arrivi alla derisione dopo aver descritto spietatamente gli aspetti paradossali delle religioni (non se ne salva una).
Nel complesso, l'opera descrive come dio sia stato prodotto dall'uomo e non il contrario, come i testi sacri siano sostanzialmente tutti uguali ed incredibilmente limitati al tempo ed al luogo dove sono ambientati, e come la religione appartenga ad un periodo dello sviluppo dell'uomo in cui il buio della ragione ne ha favorito l'attecchimento, ragione per cui portarle avanti adesso risulta grottesco e fuori dal tempo.
In un capitolo, Hitchens si chiede se le religioni aiutino l'uomo a comportarsi meglio. Utilizzando casi personali e storici, conclude che in casi particolari e limitati questo può avvenire, ma che nei grandi massacri e genocidi conosciuti nella storia anche recente, il credo religioso ha sempre avuto un ruolo primario. Tutto il libro, in effetti, è ricco di riferimenti di omicidi di massa, massacri, stupri ed altri tragici avvenimenti perpetrati solo in nome di distinzioni religiose a volte impalpabili. Ad ogni modo, è piuttosto risaputo che lo sterminio nazista di ebrei, gay, zingari, cani sciolti e partigiani ha avuto luogo per ragioni di "razza superiore" e non per motivi religiosi. Se mi è concesso un errata corrige, direi che essere (molto) buoni o (molto) cattivi non ha niente a che vedere con la religione (il che comunque rimarca l'indifferenza della presenza/assenza della religione stessa in riferimento alla domanda iniziale).
Se state sperando nell'estremo oriente, fate a meno, perché un capitolo ne annienta ogni aspetto, ed individui come Madre Teresa di Calcutta, Gandhi o il Dalai Lama non sono risparmiati.

Hitchens, britannico del '49, vivente e lavorante negli USA, in Italia sostanzialmente sconosciuto, è un individuo dalle visioni politicamente trasversali, accusato di essere un egocentrico ubriacone, probabilmente anche opportunista. Per alcuni osservatori, gli ultimi anni hanno portato a scelte politiche di comodo, mentre il suo consumo di alcol sopra la media ha finito per rovinare un riconosciuto grande spirito giornalistico.

Ad ogni modo, è indubbio che frasi forti ed opinioni detestabili, soprattutto riguardo a personaggi mondialmente riconosciuti come "buoni", sono pronunciabili solo da individui dalle caratteristiche di Hitchens. Insieme a Dawkins, Dennett ed Harris, Hitchens forma quel gruppo meglio conosciuto come "I quattro cavalieri dell'anti-apocalisse", che ha addirittura una pagina su facebook, ovvero quattro pensatori che interpretano lo spirito razionalistico dei nostri giorni.

mercoledì 26 gennaio 2011

Prospettive

Certamente, la sconfitta del Berlusca da parte del Prodi bis (2006) per causa degli italiani all'estero (voto desiderato dal suo entourage) non rende lo stesso effetto di questo video...

BBC - Harry Paul Series

venerdì 14 gennaio 2011

Il muro che non c'è


Ho sentito dire che molti uomini di scienza, nella Storia, si sono portati dietro un loro rimedio personale contro la stretta consecutio logica del loro lavoro: alcuni dipingevano, ma la maggior parte suonava. Ammetto che, all'alba del mio decennio 30-40 anni, questa scappatoia mi è di un rilevante interesse. Ma più che per ottenebrare la mente dalla realtà, la mia volontà sarebbe di sfruttare questa opportunità per librare la mente al di sopra del fango dei nostri giorni.

Soggetti come Borghezio verranno spazzati via dall'economia e ce ne dimenticheremo, diovolendo. L'Italia è davvero divisa Nord-Sud? Non è poi rilevante, basta vedere quanto costano i trasporti (un treno, l'autostrada) per capire quanto sia la rude moneta a tenerci a casa a coltivare il pregiudizio. Se una vacanza di 3 mesi in tutta la Cina costasse 50 euro, ogni preconcetto sugli "altri" scomparirebbe nel giro di 2 generazioni. Ma così non è, e più che Borghezio sono certe sue idee medioevali che, purtroppo, invece, rimarranno. Perchè in realtà, non appartengono a lui, lui è solo un apostolo di certa ignoranza. Come quel comune leghista che non finanzia più le corse podistiche perchè le vincevano i negri, come appunto se Tommie Smith ed il Black Power non fossero qualcosa di già vecchio 40 anni.

Ho pensato che il muro contro cui ci stiamo andando a schiantare è in realtà fasullo del tutto. Nel senso che l'idea che noi si stia andando in linea retta verso qualcosa, non ha alcun senso. Stiamo davvero andando verso qualcosa? Il moto della vita ha una direzione e va in avanti? Perchè solo in quest'ottica persone che tendono a portarci "indietro" possono essere un peso. Non è forse più giusto credere che non ci sia alcuna direzione? Il periodico ritornare di certi atavici pregiudizi, come l'immortalità di alcune melodie, o di altre opere artistiche, mi spinge a credere che se proprio una traccia c'è, al massimo è circolare.

Del caro amico che mi ha mandato questo link, ho sempre invidiato la naturale vena artistica, una porta aperta verso la bellezza, senza tempo, di quella parte buona delle opere umane. E, per fare anche di queste quattro parole un cerchio, è proprio con queste che, forse, certe menti avvilite dalla consecutio logica dei fatti, si sono salvate dal fango dei loro giorni. In questi inutili istanti prima dell'ennesima crisi economica pianificata, coltivare la bellezza è un grande atto di ribellione. E dato che la mail del mio amico concludeva con un preoccupazione anche per me corretta, cioè quanto ci saremo fatti male una volta sfracellati al suolo?, ché poi è questo che determina quanto ci metteremo a rimetterci in piedi, allora una volta di più è opportuno coltivare ciò che i greci riassumevano in "kalòs kai agathòs", ciò che è bello e buono.
Almeno il breve spazio della nostra vita dovrebbe giovarne... E come il Candido di Voltaire, o più prosaicamente come Jacopo Fo, dovremmo cercare sempre di essere positivi. Ché certamente con la cacca si fertilizza il campo e si coltiva il grano, si ricomincia il ciclo, ma se avanza qualcosa di commestibile subito magari si riparte prima...

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